
Ghetti ebraici in Italia
periodo storico 1516 - 1870
progetto scolastico della scuola ebraica "Angelo Sacerdoti" classe 2A 2015/2016

creazione
Stato Pontificio

liberazione
Regno d'Italia

L’area scelta per la segregazione era centralissima, ma priva di palazzi importanti e di luoghi significativi per la vita cittadina e quindi sottraibile all’uso dei bolognesi, ma soprattutto era facilmente circoscrivibile elevando muri.La segregazione doveva servire ad evitare i contatti non necessari fra i cristiani e gli ebrei ma non ad impedire le relazioni economiche che avevano luogo nei banchi. Una vivace comunità ebraica a Bologna esisteva senza dubbio già a partire dall'inizio del XIV secolo. Dedita soprattutto al commercio e al traffico di denaro, la comunità divenne ben presto prospera e prolifica distinguendosi per grande fervore economico ed intellettuale.La presenza ebraica a Bologna fu originariamente ben tollerata e la comunità poté, durante i suoi primi due secoli di storia, integrarsi con relativa facilità. È prova di ciò anche il fatto che nel 1488 venne istituita presso l'Università di Bologna una cattedra di storia dell'ebraismo. Poco dopo l'emanazione della bolla Cum nimis absurdum tuttavia, nel 1566, anche a Bologna gli ebrei furono confinati in un'area ben definita, detta "serraglio degli ebrei" (assumerà poi il più noto nome di ghetto) e costretti a vivere secondo le restrizioni imposte dalla bolla pontificia.Il ghetto era completamente separato dal resto della città e l'accesso era regolato da tre cancelliche si aprivano all’alba e si chiudevano al tramonto, sorvegliati durante la notte da guardiani che dovevano essere pagati dalla Comunità Ebraica. La comunità ebraica si disperse quasi completamente a seguito dell'espulsione del 1593 per ricostituirsi lentamente solo in età napoleonica. Bisognerà tuttavia attendere l'unità d'Italia perché gli ebrei bolognesi possano emanciparsi completamente vedendosi riconosciuti come normali cittadini italiani.
L'antico ghetto, divenuto ormai parte integrante del centro storico, ospita oggi il Museo ebraico di Bologna.
E’ interessante ricordare che gli ebrei di passaggio a Bologna potevano pernottare solo all’Albergo “Al Cappel Rosso” , che ancora esiste. L’albergo veniva chiamato per il segno che gli ebrei dovevano portare in quel momento.
Nei grossi centri ebraici esistevano disposizioni fastidiose come l’obbligo di assistere alle prediche conversionistiche ed inoltre si andava formando una forte pressione tendente ad ottenere l’abiura. In questa atmosfera si avrà a Bologna il triste caso Mortara.
Il caso Mortara
Nel giugno 1858 un bimbo di sei anni di nome Edgardo, figlio di Momolo Mortara, viene rapito dalla sua abitazione per mano della gendarmeria papalina. Trasportato immediatamente a Roma, viene rinchiuso in un istituto religioso cristiano fuori da ogni contatto con i propri genitori. Questi si batterono subito di tutte le loro forze per la restituzione del figlio, ma invano. Cinque anni prima una domestica cristiana, in un momento in cui le pareva che il neonato Edgardo da lei sorvegliato fosse in fin di vita, lo aveva segretamente battezzato.
Alla questione s’interessarono calorosamente sovrani cattolici e protestanti d’Europa, personalità e dignitari di tutto il mondo, per indurre la Chiesa a recedere dalla sua presa di posizione, ma i risultati furono negativi. Il Mortara fattosi grande, entrò nell’ordine degli Agostiniani e concluse la sua esistenza dopo aver svolto molte attività come missionario.

